Tout y parlerait
À l'âme en secret




Tout y parlerait / À l'âme en secret
Clément Mitéran
7 - 8 - 9 marzo 2025
#2 Particelle | residenze artistiche
presunta cappella San Giovanni Decollato
Ravenna
Progetto realizzato con il patrocinio del Comune di Ravenna - Assessorato alla Cultura e in attuazione dell’Accordo di collaborazione tra il Dipartimento per le Politiche giovanili e il Servizio civile universale e la Regione Emilia Romagna – FPG 2023 - Intesa 202/CU/2023. Si ringraziano il Comune di Ravenna, la regione Emilia-Romagna.
Si ringraziano il Comune di Ravenna, l’Assessorato alla Cultura, l’Assessorato all’Urbanistica e il Servizio Patrimonio del Comune di Ravenna, la regione Emilia-Romagna, l’Accademia di Belle Arti di Ravenna e ARCI Ravenna. Si ringraziano inoltre l’Archivio di Stato di Ravenna e l’Istituzione Biblioteca Classense di Ravenna.
Si ringraziano Gioia Boattini e Daniela Iurato.
Tout y parlerait / À l’âme en secret è il titolo della mostra personale dell’artista francese Clément Mitéran (Wissous, 1984) organizzata e curata da marte. Allestita presso la presunta cappella di San Giovanni Decollato in Piazza Unità d’Italia, Ravenna, l’esposizione si configura come restituzione della seconda edizione del progetto di marte Particelle | residenze artistiche e sarà visitabile a ingresso libero dal 7 al 9 marzo 2025, in particolare il 7 marzo su invito, l’8 e il 9 marzo previa prenotazione. La fruizione della mostra è prevista per una persona alla volta e sarà illuminata esclusivamente con la luce di una candela.
L’artista: ricerca e pratica
Clément Mitéran vive e lavora a Wissous, Essonne (Francia). Dopo aver studiato filosofia all’Università di Parigi VIII-Vincennes, Mitéran ha frequentato il corso triennale alla Scuola Mosaicisti del Friuli di Spilimbergo, diplomandosi nel 2008. Il suo lavoro è stato esposto in Francia, Italia e Giappone in diverse gallerie, istituzioni e musei, tra cui la Maison des Arts et du Patrimoine, Châtenay-Malabry (Représentations, 2022), il Museo Nazionale di Ravenna (Rappresentazione anonima, a cura di Emanuela Fiori e organizzata da marte, 2017) e il Mosaic Tile Museum di Tajimi (Mosaic in the world now, 2020).
Fotografo autodidatta fin dalla prima giovinezza, la ricerca dell’artista è consacrata al ritratto, di cui esplora le potenzialità di rappresentazione, di accoglimento e, in definitiva, di esistenza nell’epoca contemporanea. Mosaico e materiale fotografico si fondono in una pratica che rintraccia, attraverso la filosofia e lo studio della storia dell’arte figurativa, il rapporto tra soggetto e ritratto, tra realtà e rappresentazione, tra realtà e immaginazione. Il corto circuito creato tra la tecnica musiva e quella fotografica dà vita a opere delicate e profonde che, nella pratica consuetudinaria dell’artista, nascono dal taglio delle tessere di smalti bianchi e si concludono con lo sviluppo del negativo sulla superficie del mosaico resa fotosensibile.
La mostra e la residenza Particelle
Il titolo della mostra, Tout y parlerait / À l’âme en secret, riprende due versi dell’opera di Charles Baudelaire L’invitation au voyage, componimento presente fin dalla prima pubblicazione della raccolta Les Fleurs du mal del 1857, che recitano letteralmente “Tutto parlerebbe / All’anima in segreto”.
Le cinque opere inedite in mostra si innestano all’interno di un nuovo progetto nel quale Mitéran costruisce la sua ricerca a partire dal mito di Butade raccontato da Plinio nel XXXV libro di Naturalis Historia risalente al 77-78 d.C., che descrive la nascita della pittura attraverso l’ombra. L’artista riflette, anche sulla scia della pubblicazione di Victor Stoichita Breve storia dell’ombra, sulla possibilità di un “doppio animato dell’individuo, un ricordo immateriale che persiste” (C. Mitéran). Le cinque opere hanno soggetti diversi ma complementari, dividendosi in tre serie: un ritratto a partire dalla storia dell’arte (riprendendo L’Urlo di Edvard Munch), due mosaici che sono ritratti anonimi anonimi e due opere che nascono attraverso i mosaici romani.
Questi due ultimi lavori, realizzati durante la residenza Particelle, hanno origine dallo studio di opere antiche: il ritratto in marmo bianco Senza titolo (provvisoriamente) è una rielaborazione delle due figure a mosaico ritrovate nel pavimento della casa di Paquius Proculus a Pompei (II sec a.C.) in prossimità dell’impluvium: le figure del padrone di casa e della moglie sono ritratte come silhouette, con tessere nere, modalità frequente nei mosaici pompeiani. A pochi passi, le stesse figure sono rappresentate realisticamente e nella stessa casa è stato ritrovato un affresco che ritrae gli stessi soggetti.

La seconda opera nasce dallo studio del mosaico Matrona nel suo bagno conservato presso il Museo del Bardo in Tunisia. La figura mostra una matrona con due servitori, uno dei quali intento a porgerle uno specchio. La particolarità di quest’opera risiede nel suo stato di conservazione: il viso della matrona ritratta presenta una lacuna piuttosto estesa, mentre la stessa figura riflessa nello specchio è intatta. Mitéran riprende questo mosaico isolando il soggetto principale e dando in qualche modo vita al suo riflesso.

Nella riflessione di Mitéran, l’ombra si fa proiezione capace di mediare tra la presenza materiale di un ritratto e la memoria della stessa persona. L’artista continua a investigare le potenzialità del ritratto utilizzando esclusivamente marmi e ori bianchi. Inoltre, per la prima volta si avvale della tecnica fotografica del chimigramma, inventata nel 1956 dall’artista belga Pierre Cordier. Si tratta di un metodo di lavoro off-camera che sfrutta la luce e non prevede l’utilizzo di una macchina fotografica ma di emulsione fotosensibile che reagisce alla luce con liquidi di sviluppo e fissaggio.
“La fotografia, per sua natura fragile ed effimera, si oppone alla permanenza e alla forte materialità del mosaico. Questa scelta di mezzi consente di percepire una tensione intrinseca al ritratto, che cerca di fissare un istante fugace in una forma durevole” (ibid.).
L’allestimento delle opere, realizzate per essere fruite individualmente e con la luce debole di una candela, è pensato per integrarsi con l’ambiente della presunta cappella di San Giovanni Decollato.
Durante la residenza Particelle di marte, volta alla sua seconda edizione, Mitéran ha creato due opere a mosaico attraverso la tecnica ravennate, seguendo quindi il metodo diretto su supporto provvisorio: le tessere in marmo e oro sono state posate su un supporto di calce bianca e in seguito ricoperte da una garza impregnata di un collante specifico. Una volta asciugati, si è proceduto allo strappo dei mosaici per inserirli nel supporto definitivo, un pannello alveolare. L’utilizzo di questa tecnica è stato possibile grazie al fondamentale supporto dello studio di mosaico CaCO3, composto da Âniko Ferreira da Silva (Ravenna, 1976), Giuseppe Donnaloia (Martina Franca, 1976) e Pavlos Mavromatidis (Kavala, Grecia, 1979), che opera a Ravenna dal 2006. La collaborazione delle studentesse dell’Accademia Statale di Belle Arti di Ravenna Roberta Casadei, Cecilia De Carlo, Veronica Di Felice e Samuela Cottignoli è stata molto preziosa.
Nell’organizzazione, allestimento e mediazione della mostra, è stato essenziale il supporto delle tirocinanti dell’Università di Bologna Rebecca Marras ed Ester Pistoia.
La presunta cappella di San Giovanni Decollato
La presunta cappella di San Giovanni Decollato, in piazza Unità d’Italia, è il sito storico scelto per allestire la mostra di Tout y parlerait / À l’âme en secret. Situata nel centro di Ravenna, della costruzione della chiesa si hanno notizie verso il 1190, poi rinnovata nel 1570 con l’approvazione dell’arcivescovo Giulio Della Rovere.

Dal 1614 al 1798, epoca delle soppressioni napoleoniche, San Giovanni Decollato viene presa in gestione dalla Confraternita della Misericordia o Compagnia della Buona Morte, la quale aveva la funzione di dare conforto ai prigionieri delle carceri negli attimi precedenti l’esecuzione, assistendoli a “ben morire” (Compagnia della buona morte in San Giovanni Decollato di Ravenna (fondo), 1567 – 1795, SIAS – Archivio di Stato Ravenna; link). Prima di stabilirsi in San Giovanni Decollato, la Compagnia della Buona Morte era legata alla chiesa di San Giovanni marmorato, dedicata allo stesso santo e posta nelle vicinanze di Porta Anastasia o Serrata (G. Boattini, … aiutare le anime a ben morire. La Confraternita della Misericordia o della Buona Morte a Ravenna, tesi di laurea in Storia della chiesa moderna, Università di Bologna, a.a. 2008-2009, p. 27).

La presunta cappella di San Giovanni Decollato, di proprietà della confraternita, “era posta al pianterreno del palazzo del Cardinal Legato” (ibid., p. 28). Si accedeva alla chiesa tramite un piccolo ingresso architravato posto a sinistra del portone principale del palazzo. Il Palazzo del Legato Apostolico in piazza del Popolo, eretto nel XIII secolo e rappresentante la Santa Sede in città, fu danneggiato e reso inagibile a seguito del sacco di Ravenna a opera dei francesi nel 1512. Successivamente restaurato e ingrandito, poi demolito anche a causa dei gravi danni riportati con il terremoto del 1688, negli anni successivi (1694-96), il legato Domenico Corsi lo fece ricostruire insieme alle prigioni pubbliche, poi demolite nel 1907. Dal 1863 il complesso è sede della Prefettura di Ravenna (Palazzo della Prefettura, già Palazzo del Legato Apostolico in “I Fabbricati Notevoli di Ravenna”; link).
La chiesa viene quindi ridimensionata e ridotta a una cappella, inglobata nell’edificio del Palazzo della Prefettura. Nella pubblicazione di Gaetano Savini Ravenna. Piante panoramiche si legge:
Tra la porta principale d’ingresso al Palazzo e il Portico antico, (vedi pianta 23 n°3) vi è un avanzo della piccola Chiesa di S. Giovanni Decollato, consistente in due colonnette di greco con capitelli ionici e un arco, formanti una piccola tribuna. Questa chiesa stata costruita nel 1572 fu profanata nel 1798: veniva uffiziata dalla Confraternita della Buona Morte, la quale esercitava gli estremi pietosi uffici ai condannati a morte.
Nel cortile della Prefettura, a destra entrando, vi sono le Carceri Giudiziarie, (vedi fig. 25 (A)) le quali servirono a quest’uso sino al 1897 epoca in cui fu terminato il nuovo carcere di via Porta Aurea (G. Savini, Ravenna. Piante panoramiche. Volumi I-V (1905-1907). Edifici pubblici e privati, luoghi e cose notevoli urbani, p. I-22).

La Compagnia della Buona Morte viene soppressa con legge il 27 giugno 1798 e la chiesa, come scrive Savini, sconsacrata; dopo essere stata adibita a caserma militare, viene chiusa poco dopo.
Vale la pena tenere a mente che l’attuale via Cairoli non esisteva e gli edifici lungo la via risalgono all’epoca veneziana: in precedenza lì scorreva il fiume Padenna.
La chiesa presentava una forma quadri lunga, tre navate divise da dieci pilastri con due ingressi: quello principale affacciato su piazza del Popolo, e quello secondario che collegava l’edificio al cortile del palazzo del Legato, zona in cui erano collocate le carceri. Verso queste ultime si affacciava l’unica finestra, ferrata, della chiesa e ancora presente, che permetteva di seguire la messa dall’interno delle carceri.
A destra dell’ingresso principale della chiesa vi era la sagrestia e di fronte a essa la conforteria, una piccola sala senza finestre con un altare di legno che presentava un quadro con Cristo crocifisso tra i due ladroni, nella quale i condannati venivano accompagnati per preparare il proprio spirito a una morte serena.

L’altare maggiore della chiesa era dedicato alla decollazione di San Giovanni Battista e la tavola posta al di sopra è stata identificata con quella conservata presso il Museo Nazionale della città: “[…] inizialmente attribuita a Luca Longhi fino a quando, un restauro eseguito nel 1980, ha fatto emergere durante un intervento di pulitura della superficie pittorica la firma di Francesco Longhi, figlio di Luca, e la data 1612” (G. Boattini, … aiutare le anime a ben morire. La Confraternita della Misericordia o della Buona Morte a Ravenna, tesi di laurea in Storia della chiesa moderna, Università di Bologna, a.a. 2008-2009, p. 29) da cui si ipotizza che il figlio abbia realizzato un intervento postumo sulla tela del padre.
Il corpo principale della chiesa presentava sei panche su cui i condannati e i confratelli potevano sedersi per pregare e sui muri, opposte l’una all’altra, due tele che raffiguravano l’immagine della Santissima Annunciata e un Vescovo con i paramenti episcopali. Ai lati di queste ultime, quattro grandi opere rappresentavano gli episodi di San Pietro in carcere, della Visitazione a Santa Elisabetta, della Cena di Erode e del Sacro Tempio con sette candelabri. Grazie a degli scavi svolti nel 2004 è stato possibile scoprire che le basi delle colonne, nell’area principale della presunta cappella, sono realizzate da elementi architettonici di reimpiego in pietra rosa di Verona, provenienti dalla zona del ravennate e di periodo tardo antico o altomedievali (Ministero per i beni e per le attività culturali. Segretario regionale per l’Emilia Romagna). Completavano la decorazione dell’edificio due lunette, una rappresentante la Nascita di San Giovanni Battista e l’altra la Liberazione di alcuni schiavi, collocate rispettivamente sopra la porta della sagrestia e sopra quella della conforteria. (G. Boattini, … aiutare le anime a ben morire. La Confraternita della Misericordia o della Buona Morte a Ravenna, tesi di laurea in Storia della chiesa moderna, Università di Bologna, a.a. 2008-2009, pp. 29-30; Compagnia della misericordia in San Giovanni decollato di Ravenna (fondo), 1567 – 1795, Archivio di Stato di Ravenna; link).
marte riapre la presunta cappella di San Giovanni Decollato, chiusa al pubblico dal 2019, in occasione della mostra personale di Clément Mitéran lasciando che la chiesa mantenga il suo respiro storico e misterioso, che l’ha vista viaggiare e cambiare attraverso i secoli.
Foto di Lorenzo Pasini
